23 novembre 2010

Sanremo tra il nuovo e il classico.


Roma, 22 nov. (Adnkronos) - Anna Oxa, Nina Zilli, Max Pezzali, Emma e Roberto Vecchioni, che nella serata delle canzoni storiche interpreterà 'O surdato 'nnamorato'. Queste alcune delle anticipazioni sul Festival di Sanremo pubblicate sul numero di 'TV Sorrisi e Canzoni' in edicola domani con un'intervista esclusiva a Gianni Morandi, conduttore e direttore artistico insieme con l'altro direttore artistico Gianmarco Mazzi.
'Per accontentare tutti quelli che mi chiedono di partecipare avrei bisogno di un Festival che duri 20 giorni. E questo nonostante ci siano molti artisti che vorrei avere ma non hanno voglia di mettersi in gioco, magari gli stessi che si sono serviti di Sanremo e sono diventati famosi grazie al Festival'' polemizza Gianni Morandi.
Quanto ai cantanti in gara, la parola passa al direttore artistico Gianmarco Mazzi: ''Siamo a buon punto. Posso anche anticiparle che nella serata delle canzoni storiche dedicata all'Unità d'Italia Vecchioni cantera' ''O surdato 'nnamurato', dice Mazzi.

Altri titoli storici? ''C'è un artista, ma non so ancora se verrà, che vorrebbe cantare 'Addio mia bella addio'. Ma come canzoni storiche noi intendiamo non solo quelle patriottiche: valgono anche quelle della belle epoque, della contestazione o quelle di Edoardo Vianello, tipiche degli Anni 60. Penso a operazioni come quella dei Negramaro con 'Meraviglioso' o di Carmen Consoli che all'Ariston l'anno scorso cantò 'Grazie dei fior'. La cosa bella è che faremo una compilation di queste interpretazioni il cui ricavato andrà in beneficenza».

COMUNICATO DI EDOARDO VIANELLO

A un’assemblea di artisti, poco prima del naufragio del mio mandato di presidente dell’Imaie, dovuto ai siluri dal Prefetto di Roma Pecoraro, sparati su pressione dei soliti noti, rivolsi ai presenti un forte appello affinché gli stessi, una volta per tutte, facessero sentire la loro voce e dessero vita e sostanza alla nebulosa affermazione che “l’Imaie è degli artisti”, appropriandosene veramente.

Poi è accaduto tutto quello che sappiamo. Stupefatti, continuiamo a domandarci come sia possibile che il governo, per mettere da parte me abbia dovuto addirittura emanare un decreto legge (quanto mi sentirei importante se non sapessi che l’obiettivo era un altro).

Vi risparmio l’elenco di tutti i tentativi che ho fatto nella mia posizione di ultimo presidente dell’Imaie per evitare la liquidazione dell’Ente. Non voglio fornire facili argomenti a chi sostiene che il mio impegno fosse mirato principalmente alla conservazione di una poltrona, oltretutto scomoda e poco presidenziale.

Comunque, ora, per la soddisfazione dei cospiratori in agguato, siamo alla resa dei conti. Con questo risultato:

Un signore, nominato da un ministro barcollante, su parere di un capogabinetto, convinto a sua volta da un sottosegretario, ci informa che la Nuova Imaie (i cui proprietari rimangono sempre e solo gli artisti) avrà un presidente governativo, subirà il controllo di tre ministeri, si baserà su uno statuto già deciso dai sindacati e dovrà farsi carico di un parco dipendenti, in buona parte responsabile del fallimento dell’Istituto, traslocato automaticamente e in blocco dalla Vecchia Imaie alla Nuova.

Viceversa, gli artisti soci (cioè i veri proprietari dell’Imaie) per poter partecipare alla vita sociale dell’Ente e far sentire la loro voce dovranno prima lavorare per impinguare le casse del nuovo Istituto, e poi superare un esamino per verificare se sono veramente artisti oppure abusivi che sarebbero meglio impiegati a vendere pesce o carne in scatola.

E chi sono gli esaminatori?

I soliti noti di cui sopra, autoqualificatisi “professionisti” grazie alla laurea che portano appesa all’aureola.

Se siete convinti che stia sproloquiando, furioso per aver perso l’ambita presidenza, voltatemi le spalle senza rimorsi, altrimenti abbiate il coraggio di darvi una scossa prima che sia tutto perduto.

Io ci sarò, non nel gruppo di testa, ma in mezzo a voi tutti.

Edoardo Vianello

5 novembre 2010

Edoardo Vianello: «Vi racconto i mie magnifici anni Sessanta»


Edoardo Vianello

Edoardo Vianello

VENEZIA. Edoardo Vianello, il re dei tormentoni estivi anni ’60, ha venduto qualcosa come 50 milioni di dischi in Italia e nel resto del mondo con brani come “Abbronzatissima”, “I watussi”, “La partita di pallone”, “Guarda come dondolo” e “Pinne, fucile ed occhiali”. Nei giorni scorsi il cantautore romano, 72 anni, ha raccontato i suoi anni ruggenti in un incontro a Palazzo Ducale. L’incontro, che ha visto anche la partecipazione di Neri Marcorè e Marino Bartoletti, è stato il terzo di quattro appuntamenti dedicati ai Sixties, collegati alla mostra itinerante di Eni ”Il cane a sei zampe: un simbolo tra memoria e futuro” esposta al museo Correr sino al 7 novembre.
Abbiamo colto l’occasione per intervistare Vianello.

Come sono stati i suoi anni ’60?
«Sicuramente ho vissuto insieme ai miei amici e colleghi forse il momento più bello per la musica italiana, perché si veniva dal torpore della musica melodica a questa novità che è stata iniziata da Domenico Modugno: l’epoca dei cantautori. Come in tutte le cose, all’inizio si ha sempre il meglio di ogni cambiamento. In quel momento, ho fatto parte di questo gruppo di cantautori, io ero un po’ diverso dagli altri perché facevo musica spensierata, mentre loro erano più romantici, più melodici e più impegnati. Però ho vissuto con loro questo momento magico che poi purtroppo non si è più ripetuto perché all’inizio quando c’è un entusiasmo, una voglia di competere uno con l’altro, si ottiene il meglio».

Con le sue canzoni che sono diventati degli autentici tormentoni lei ha costituito un elemento di novità per la sua capacità di rielaborare in chiave personale i modelli americani e per avere reso protagonisti per la prima volta i giovani con la loro spensieratezza e voglia di divertirsi.
«Questo è dipeso principalmente dall’idea che io aveva del fare musica. Secondo me, fare la musica significava divertirmi e fare divertire gli altri, non ero interessato a lanciare dei messaggi come altri cantautori. Quindi, cercavo sempre degli argomenti che fossero leggeri, spiritosi e in questo ha molto contribuito la mia collaborazione con Carlo Rossi che ha scritto tutti i testi dei miei brani dell’epoca. Mi sono poi trovato a capire che questo mio genere piaceva, così ho insistito e ho cercato di distinguermi rispetto agli altri. Inconsapevolmente ho creato un mio genere personale».

Ennio Morricone, premio Oscar alla carriera, fu l'arrangiatore di Vianello

Ennio Morricone, premio Oscar alla carriera, fu l'arrangiatore di Vianello

Tra l’altro la coppia compositiva Vianello e Rossi è stata affiancata da un arrangiatore di eccezione: Ennio Morricone che sperimentò soluzioni innovative come il rumore dell’acqua su “Pinne, fucile ed occhiali”.
«Ho avuto la fortuna di lavorare con Morricone il quale a sua volta si è divertito con le mie canzoni perché ovviamente erano fuori dai normali canoni. Quindi, il fatto di poter fare un arrangiamento su una cosa che già in partenza era curiosa lo ha stimolato ad aggiungere tutta la sua genialità e il suo estro».

Gli anni ’60 hanno costituito anche un periodo di grande entusiasmo che ha portato al boom economico e al protagonismo dei giovani.
«Vivevamo ancora di nostra luce perché venivamo dal periodo buio del dopo guerra e c’era in tutte le arti un senso di rivalsa e di entusiasmo che ha portato ad avere il meglio a cominciare dal cinema per continuare con la canzone e altre forme di espressione. Tutti eravamo contenti dei piccoli progressi che l’Italia stava facendo e ogni conquista era sentita con grande entusiasmo.
Oggi siamo tutti viziati e abbiamo tutto, per cui appena ci manca per cinque minuti la corrente elettrica entriamo in crisi. Era un momento anche di grande solidarietà e di grande speranza, i giovani erano quelli che davano il maggior impulso. Oggi, invece, i ragazzi sono un po’ lenti a partire mentre allora si partiva prestissimo, c’era urgenza di entrare nel mondo del lavoro».

Negli anni ’60, l’Italia al contrario di oggi aveva un mercato protezionistico nei confronti della propria musica, oggi, invece, trattiamo qualsiasi artista americano o inglese anche mediocre come una star mentre bistrattiamo i nostri artisti.
«E’ vero, oggi la nostra musica non è più difesa. Naturalmente, la musica che ci arriva dall’estero è musica ben fatta, ben confezionata, ben pubblicizzata con un marketing vero. Noi siamo rimasti un po’ dilettanti sotto questo punto di vista, più spontanei ma meno professionali per cui gli altri ci sovrastano. Le grandi case discografiche americane quando pubblicano un disco lo lanciano contemporaneamente in tutto il mondo già sapendo dove arriverà. Noi, invece, facciamo ancora le cose artigianali. Poi, ai miei tempi in Italia c’erano un sacco di realtà discografiche, come la Rca italiana, la Durium, la Fonit Cetra ed un’infinità di piccoli produttori che facevano la forza del mercato discografico nazionale. Oggi, non c’è niente del genere, ci sono solo quelle quattro grandi multinazionali che comandano il mercato mondiale e non fanno passare nessuno. Quindi, oggi, un artista che volesse esprimersi non ha le possibilità».

La copertina di un disco di Vianello degli anni '60

Un giovane Vianello nella copertina di un disco

La nostra musica non è tutelata…
«E non c’è difesa da parte dello Stato che probabilmente dovrebbe difendere il nostro patrimonio culturale, perché nel nostro Paese la musica è stata sempre un po’ snobbata. Allo stesso modo anche il cinema è stato un po’ abbandonato, dopo i grandi fasti dei grandi registi neorealisti. Oggi, il mercato è monopolizzato dai kolossal americani e giusto casualmente qualche film italiano riesce ad inserirsi nel mercato. Due grandi patrimoni come la musica e il cinema non sono protetti».

E il pubblico?
«Il pubblico è diseducato, non si interessa, non si informa, per cui chi non ha la forza di far sapere che è uscito un proprio prodotto, non è supportato dall’idea che c’è qualcuno che sta cercando di capire cosa succede. Anche il pubblico si fa imbambolare dalla grossa promozione che sanno fare gli altri per cui la nostra musica scompare. E quando poi non si vendono dischi ovviamente non c’è nemmeno la voglia di produrre delle cose nuove, perché un artista si rende conto che non riesce nemmeno a vivere del proprio lavoro. Poi, se andiamo a vedere da quanti anni sono sempre gli stessi artisti che sono alla ribalta, proprio perché avendo ormai un loro mercato riescono a sopravvivere e continuano, quindi, ad investire e a proporre. Le generazioni nuove hanno veramente grosse difficoltà. Comunque, manca quella zona media che c’era invece negli anni ’60, c’era una fascia media di artisti che di tanto in tanto riusciva a piazzare qualcosa della loro produzione e oggi questa fascia media non esiste più. Oggi, ci sono solo quei 10 grandi big o qualche sopravvissuto, come me, che ovviamente deve sbracciarsi per mantenere la propria posizione. Questa è la cosa più fastidiosa, perché se un artista non è rilassato, non è felice, poi non produce, non si mette a scrivere».

Lei è stato il cantore dell’estate, del mare e del divertimento spensierato.
«Vedo che più passa il tempo e più questa musica viene apprezzata, mentre all’inizio erano considerate solo canzonette e poi per mia fortuna sono state apprezzate e rivalutate. Questo mi ha permesso di avere una carriera che dura ormai da 54 anni. Sono canzoni che hanno ancora a che fare con la nostra tradizione e la nostra melodia. Le mie canzoni sono tutte orecchiabili, come era solito fare l’autore italiano un tempo. Quando scrivevo le canzoni, cercavo sempre di realizzare delle linee melodiche orecchiabili di cui la gente potesse appropriarsene e a sua volta ricantarle».

Sophia Loren in Ieri, oggi e domani canta

Una sexy Sophia Loren in Ieri, oggi e domani canta "La partita di pallone"

Gli anni ’60 passeranno alla storia anche per il numero di dischi che si vendevano, “Abbronzatissima”, ad esempio, ha venduto 7.300.000 copie, una cifra che oggi fa tremare i polsi.
«In una statistica che mi ha consegnato la Siae “Abbronzatissima” è compresa tra le 10 canzoni più ascoltate all’estero nell’ultimo decennio. Cosa che io nemmeno immaginavo ma che costituisce un grande motivo d’orgoglio».

Come sono state le sue esperienze musicali all’estero?
«Io ho avuto modo di suonare quasi in tutto il mondo, nel Nord America, Sud America, Giappone e Corea. Scoprire che qualcuno conosce ed apprezza una mia canzone in un posto lontano dall’Italia è la cosa che mi inorgoglisce di più. Il fatto che una mio brano sia riconosciuto mi fa piacere ancora di più di essere riconosciuto come cantante, perché una canzone è qualcosa che può rimanere nel tempo. Se tra le migliaia di proposte musicali ancora qualcuno lontano dal nostro Paese mantiene il ricordo di queste canzoni è un fatto che mi fa impazzire di gioia e sono sorpreso per primo io. Sono canzoni per le quali prima negli anni ’60 tutto sommato mi guardavano un po’ strano i critici e i miei colleghi però poi sono rimaste perché in realtà sembra quasi che rappresentino gli anni ’60 anche se negli anni ’60 c’era tanta altra roba. Però sono rimaste più queste canzoni di altre che al momento venivano reputate più valide. Credo che il segreto della conservazione del ricordo di queste canzoni stia nel fatto che fossero particolarmente originali e diverse da quella che era la produzione generale. Quindi, questo essere di una nicchia particolarmente indipendente rispetto agli altri, al pubblico di ritrovarsi».

Lei ha scritto queste canzoni ponendosi l’obbiettivo di realizzare dei tormentoni estivi oppure si è trattato di un processo creativo più spontaneo?
«No, non immaginavo che sarebbero diventati dei tormentoni. Io pensavo che fosse un gioco da ragazzi quello di cantare fare dei dischi. Infatti pensavo che a 30 mi sarei messo a fare un lavoro più serio. Non immaginavo, invece, che avrei potuto fare della musica addirittura una carriera. Era un divertimento, vedevo che con queste canzoni la gente sorrideva e si divertiva ma non pensavo che avrebbero potuto avere una valenza e diventare dei punti fermi nella memoria della gente. Forse è stata proprio questa inconsapevolezza che mi ha permesso di scrivere delle cose sbarazzine, cioè senza pensarci troppo. Se avessi immaginato che era una grande responsabilità scrivere una canzone forse avrei avuto il pudore di comporre cose completamente diverse. Invece, io pensavo che fossero cose completamente usa e getta per ragazzi, un genere divertente, che si balla e poi si dimentica. Invece, sono cose che per fortuna sono rimaste nel cuore».

Ne Il soprasso con Vittorio Gasman e Jean-Louis Trintignant si possono ascoltare

Il sorpasso con Vittorio Gasman e Jean-Louis Trintignant, nel film si possono ascoltare "Guarda come dondolo" e "Pinne, fucile ed occhiali"

Queste canzoni sono passate alla storia anche grazie a film importanti.
«Ho avuto la fortuna che alcune mie canzoni siano finite in film, considerati pietre miliari del cinema. Ma lo stesso Il sorpasso, nel momento in cui uscì quel film, non si immaginò mai che potesse diventare un pilastro della cinematografia italiana. Anche lì c’era il divertimento da parte del regista Dino Risi di raccontare una storia tipica italiana del solito spaccone che deve fregare tutti, sfruttando la situazione. Non credo che lo stesso Risi pensasse che il film sarebbe diventato una pietra miliare del cinema. Quindi, ritrovarmi ad avere addirittura due canzoni (“Guarda come dondolo” e “Pinne, fucile ed occhiali”) in quel film che viene citato e ricordato in continuazione ha dato un valore aggiunto anche alle musiche. Tra l’altro, quelle canzoni furono inserite nel film successivamente al loro successo e Dino Risi le scelse perché rappresentavano i successi dell’anno che lui stava raccontando, cioè il ‘62. Io me ne sono accorto quando sono andato a vedere il film, perché durante la proiezioni mi sono reso conto che c’erano le mie canzoni e sono caduto dalle nuvole. Si sentivano i due brani cantati da me ma non solo perché poi in alcune scene c’era addirittura Vittorio Gassman che canticchiava i ritornelli.Oggi, non so cosa si farebbe per avere un pezzo in una pellicola, invece, allora fu una cosa naturale, spontanea. Oggi, non potrebbe succedere una cosa del genere perché gli spazi di un film vengono lottizzati. Ovviamente un film è un veicolo per promuovere la musica, per cui le case discografiche tentano di piazzare le canzoni all’interno di un film sperando che questo sia un sistema valido per vendere più dischi. Allora fu una cosa veramente spontanea, una scelta del regista che tra l’altro nemmeno conoscevo. Poi, su Ieri, oggi, domani di Vittorio De Sica c’era Sophia Loren che cantava la mia canzone “La partita di pallone”. Quel film vinse l’Oscar e all’epoca per darmi un po’ le arie dicevo scherzando che avevo vinto l’Oscar pure io».

Michele Bugliari
3 novembre 2010

www.veneziamusica.it