4 ottobre 2009

O' Scià, arrivederci o forse addio La kermesse di Claudio e le procelle

LAMPEDUSA
Il Festival O' Scià si è chiuso ieri notte con un saluto di Baglioni alla folla che suonava più come un addio che non come un arrivederci. Con un'estate segnata dai respingimenti dei disperati in arrivo dalla Libia, e con un sindaco che s'è fatto agosto al fresco per l'accusa di concussione, non dev'esser stato facile per Claudio rimettersi al lavoro su "O' Scià", «Festival-laboratorio permanente sull'integrazione culturale» come dice il sottotitolo della manifestazione arrivata al numero 7. Baglioni, si sa, è un pragmatico. Sta lontano da ideologie e movimenti, e si muove egregiamente nei rapporti con le Istituzioni che sorreggono la sua kermesse: l'idea che gli è venuta, è stata di proporre attraverso la Fondazione O'Scià il Premio Nobel per la Pace all'isola (spellacchiata ma ugualmente fascinosa, immersa in un bellissimo mare ancora oggi pieno di turisti e orrendi ombrelloni) che "ha salvato tanta gente". Idea gradita alla Presidenza del Consiglio, e respinta da Articolo 21 e da organizzazioni pacifiste, che addirittura hanno evocato per la proposta le logiche della propaganda nazista.

In questo mare procelloso di dibattiti e onde vere, ieri il Divo Claudio ha dovuto spiegare come possono secondo lui convivere i finanziamenti del Governo al Festival e la politica del respingimento: «Il pensiero è lo stesso di sempre, le misure sono differenti e io non ci vedo cattiveria, solo la volontà di dare un segno. Anche se il respingimento tout court è contro l'idea di una nazione civile». E dopo aver smentito di voler fare il sindaco come aveva invece lasciato intravvedere l'altra sera («Ho un mestiere e caso mai farei l'architetto»), ha confessato: «La manifestazione è appesa a un filo: senza le Istituzioni, e solo con sponsor, non la farei più», per poi dedicarsi al compito di padrone di casa di una colorita pletora di colleghi&affini, venuti per quattro sere sul palco della Guitgia sempre più tecnologico. Un enorme maxischermo era visibile a grande distanza a orde di locali e turisti arrivati in massa, soprattutto ieri nella serata più nazionalpopolare, per via di due nomi da «Amici», Marco Carta e Alessandra Amoroso (i cui acuti alle prove pomeridiane si sentivano a svariati chilometri). Sono questi del resto i personaggi che attizzano l'immaginario giovanile, anche se poi cancellati da una star che mette tutti d'accordo: Gianna Nannini, più spettinata e carica che mai; altri nomi pescavano nel multiforme panorama delle 7 note, da Branduardi a Daniele Silvestri (un disco in arrivo l'anno prossimo), fino a Ficarra e Picone, fra i comici che hanno rallegrato ogni serata: come del resto Antoine Michel, star locale che sempre ha aperto con i suoi suoni etnicamente contaminati.

Il padrone di casa ha cantato e duettato e fatto da sè. Ma curiose sono, da sempre, le sue scelte come direttore artistico: «un'idea di festa e contaminazione», dove per contaminazione si intende invece un allegro mescolare l'alto e il basso, e artisti di destra e sinistra com'è successo venerdì, quando accanto allo scatenato twist del filogovernativo Edoardo Vianello, ancora alle prese con i Watussi, hanno trovato posto Fiorella Mannoia, in un intenso set per voce e pianoforte, e il raffinato rock Anni Settanta della PFM tornata a una bella vita live, con i ricami chitarristici di Mussida. Per l'ottima Alice, ancora ci si chiede il perché di apparizioni tanto avare nei decenni (saranno i soliti discografici, o lei medesima?), mentre solido e inevitabilmente tenero è stato il set che ha visto insieme Giovanni e Claudio Baglioni: un figlio virtuosissimo della chitarra, un padre assai compreso. Dal quale si aspettano prima o poi nuove opere, per far riposare un poco l'usato repertorio.

da lastampa.it


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